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Impariamo dai nostri errori

Nel mese di ottobre, prima APT e dopo ANICA hanno diffuso ai propri associati una comunicazione che annunciava l’avvenuta firma da parte del Ministro Padoan del tanto aspettato Decreto Attuativo delle modifiche apportate dalla Legge di Stabilità per il 2016, allegandone alla stessa il testo.

Quel decreto, ancora non pubblicato, riporta delle grandi novità in campo tax credit che, partendo dalle modifiche richieste dalla Legge di Stabilità, si sono ampiamente sviluppate in percorsi tortuosi che portano alla morte il tax credit esterno, facendo fare un dietrofront a qualsiasi investitore leggermente intenzionato a partecipare ad un progetto cinematografico.

In particolare, ci riferiamo all’introduzione della seguente condizione necessaria per ottenere il beneficio fiscale:

“h) la restituzione totale ovvero parziale dell’apporto all’investitore esterno, nei limiti di quanto indicato nel presente articolo, non avvenga prima di dodici mesi dalla data in cui l’apporto risulti interamente versato a favore dell’impresa di produzione:”

Questo requisito è totalmente scollegato dalla realtà quotidiana e concezione finanziaria di un diligente investitore. Un imprenditore, totalmente estraneo alla realtà cinematografica, che è riuscito a mettere su un proprio business e che combatte ogni giorno per essere competitivo e rispettare i target qualitativi e di profitto prefissati, per quanto affascinato dal luccichio del cinema o interessato a contribuire alla realizzazione di un prodotto artistico italiano, non potrà mai più optare di sottrarre parte delle proprie risorse finanziarie per un periodo così lungo al fabbisogno del proprio core business.

La norma parla di “restituzione”, vale a dire il ritorno del capitale apportato dall’investitore generato dal futuro sfruttamento dei diritti legati al progetto cofinanziato e non di “utile” che, invece, arriva una volta rientrati (produttore e investitore) dei propri investimenti. E quindi un investitore esterno, che apporta pro-quota il proprio capitale durante le riprese del film e salda alla visione della copia campione, si trova costretto ad iniziare a rivedere quanto ha messo in gioco molto più di un anno dopo il suo apporto (pensando a una produzione di 5 settimane e una post successiva di almeno 10). E tutto questo anche se il film ha generato vendite!

Non parliamo di casi eclatanti come Zalone: se un film, che anche in sala va al break-even, ci inizia a generare vendite sugli altri canali nei primi 9 mesi, l’investitore esterno deve attendere comunque il termine imposto dal Decreto lasciando i proventi “in pancia” al produttore senza motivo, con la conseguenza di introdurre costi aggiuntivi al produttore. L’aiuto che il produttore potrebbe avere durante le riprese, infatti, non può che scomparire, traducendosi in un unico apporto il più tardi possibile (poco prima dell’ingresso in censura) al fine di ridurre al massimo il lasso di tempo in cui l’investitore viene privato del proprio capitale. Tutto questo porterà sicuramente alla rinuncia da parte degli investitori privati ad associarsi in futuro in produzioni cinematografiche.

La conclusione di questa introduzione sarà che i piccoli produttori indipendenti, quotidianamente alle prese con la chiusura delle coperture finanziarie per i propri progetti, si trovano inesorabilmente a non avere più risorse esterne alla filiera cinematografica e con un abbondante esubero di credito d’imposta.

Con decreti come questo, solo le grandi società di produzione, che hanno in piedi contratti importanti con emittenti Tv o di service, riescono a portare a casa il risultato, compensandolo ad esempio con l’IVA a debito.

Per questa ragione, forse anelando ad un mondo ideale, ci piacerebbe vedere dei decreti che contribuiscono a promuovere le pari opportunità e in cui una manovra d’incentivi viene introdotta per aiutare un sistema culturale, fiore all’occhiello del nostro Paese, e non sempre e solo pochi grandi gruppi che, magari associandosi anche in nuove realtà produttive/distributive, saturano il mercato gridando “il banco vince!“.

Written by: Marco Perotti

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Nel mese di ottobre, prima APT e dopo ANICA hanno diffuso ai propri associati una comunicazione che annunciava l’avvenuta firma da parte del Ministro Padoan del tanto aspettato Decreto Attuativo delle modifiche apportate dalla Legge di Stabilità per il 2016, allegandone alla stessa il testo.

Quel decreto, ancora non pubblicato, riporta delle grandi novità in campo tax credit che, partendo dalle modifiche richieste dalla Legge di Stabilità, si sono ampiamente sviluppate in percorsi tortuosi che portano alla morte il tax credit esterno, facendo fare un dietrofront a qualsiasi investitore leggermente intenzionato a partecipare ad un progetto cinematografico.

In particolare, ci riferiamo all’introduzione della seguente condizione necessaria per ottenere il beneficio fiscale:

“h) la restituzione totale ovvero parziale dell’apporto all’investitore esterno, nei limiti di quanto indicato nel presente articolo, non avvenga prima di dodici mesi dalla data in cui l’apporto risulti interamente versato a favore dell’impresa di produzione:”

Questo requisito è totalmente scollegato dalla realtà quotidiana e concezione finanziaria di un diligente investitore. Un imprenditore, totalmente estraneo alla realtà cinematografica, che è riuscito a mettere su un proprio business e che combatte ogni giorno per essere competitivo e rispettare i target qualitativi e di profitto prefissati, per quanto affascinato dal luccichio del cinema o interessato a contribuire alla realizzazione di un prodotto artistico italiano, non potrà mai più optare di sottrarre parte delle proprie risorse finanziarie per un periodo così lungo al fabbisogno del proprio core business.

La norma parla di “restituzione”, vale a dire il ritorno del capitale apportato dall’investitore generato dal futuro sfruttamento dei diritti legati al progetto cofinanziato e non di “utile” che, invece, arriva una volta rientrati (produttore e investitore) dei propri investimenti. E quindi un investitore esterno, che apporta pro-quota il proprio capitale durante le riprese del film e salda alla visione della copia campione, si trova costretto ad iniziare a rivedere quanto ha messo in gioco molto più di un anno dopo il suo apporto (pensando a una produzione di 5 settimane e una post successiva di almeno 10). E tutto questo anche se il film ha generato vendite!

Non parliamo di casi eclatanti come Zalone: se un film, che anche in sala va al break-even, ci inizia a generare vendite sugli altri canali nei primi 9 mesi, l’investitore esterno deve attendere comunque il termine imposto dal Decreto lasciando i proventi “in pancia” al produttore senza motivo, con la conseguenza di introdurre costi aggiuntivi al produttore. L’aiuto che il produttore potrebbe avere durante le riprese, infatti, non può che scomparire, traducendosi in un unico apporto il più tardi possibile (poco prima dell’ingresso in censura) al fine di ridurre al massimo il lasso di tempo in cui l’investitore viene privato del proprio capitale. Tutto questo porterà sicuramente alla rinuncia da parte degli investitori privati ad associarsi in futuro in produzioni cinematografiche.

La conclusione di questa introduzione sarà che i piccoli produttori indipendenti, quotidianamente alle prese con la chiusura delle coperture finanziarie per i propri progetti, si trovano inesorabilmente a non avere più risorse esterne alla filiera cinematografica e con un abbondante esubero di credito d’imposta.

Con decreti come questo, solo le grandi società di produzione, che hanno in piedi contratti importanti con emittenti Tv o di service, riescono a portare a casa il risultato, compensandolo ad esempio con l’IVA a debito.

Per questa ragione, forse anelando ad un mondo ideale, ci piacerebbe vedere dei decreti che contribuiscono a promuovere le pari opportunità e in cui una manovra d’incentivi viene introdotta per aiutare un sistema culturale, fiore all’occhiello del nostro Paese, e non sempre e solo pochi grandi gruppi che, magari associandosi anche in nuove realtà produttive/distributive, saturano il mercato gridando “il banco vince!“.

Written by: Marco Perotti

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